Manola è la mia psicoterapeuta: quando mi sentivo sepolta viva come Uma Thurman in Kill Bill, lei mi ha aiutata a ricordare che anche io avevo un potenziale di salvezza.
Il mio non era il vecchio maestro di Kung Fu che istruiva la protagonista del film, il mio era un “maestro interno”: il ragionamento, l’uso benefico che potevo fare della mia testa.
Capire, studiare, sapere sono armi potentissime o, se non volete metafore di guerra, sono strumenti di aiuto che per me si sono rivelati importantissimi. Non è facile, però, cercare di conoscere meglio il Parkinson. Cosa comporta, cosa se ne conosce, come funziona dentro di noi. Ti ritrovi a studiare qualcosa che è in te, che che ti cambierà… “Ci vuole coraggio”, mi ha detto un ometto saggio di 16 anni.
Inizialmente mi agitavo soltanto a leggere i titoli di quegli articoli e testi scientifici. Avevo rispolverato le mie conoscenze sul sistema nervoso e mi ero procurata materiale per approfondire e, naturalmente, testimonianze di persone come me, che guardano in faccia la malattia ogni giorno, ciascuno a modo suo. Il mio modo è quello di conoscere perché non posso accettare d avere un destino guidato dal caso. Volevo decidere, e ho deciso: ho letto e studiato anche quello che mi faceva paura e adesso posso affrontare l’incognita di una gravidanza parkinsoniana, il futuro di una maternità parkinsoniana con la certezza di non sotterrarmi di nuovo.
Come mi ha ricordato Manola, devo usare la mia forza; ognuno di noi ne ha una, speciale, soggettiva, potente. Ma per iniziare ad usarla davvero bisogna superare la paura. Non dico che sia facile, e nemmeno che ci si riesca al primo colpo. Uma Thurman sotto terra prova molte volte il colpo perfetto che romperà la bara, si ferisce, soffre, riprova. Mi agitavo, mi spaventavo, ero disorientata da sintomi assurdi che non sapevo spiegare. Poi ho tirato il colpo giusto e fuori, di nuovo all’aria aperta, sotto il cielo, ho capito che il Parkinson non è un nemico ma una parte di me, sono io nella mia mutazione genetica. Non ha senso odiarlo o vergognarsi. Ho scelto di accettare e in cambio ho avuto la certezza del mio potenziale e della mia identità.