Sono testimone del fatto che quando la posta in gioco è la propria pelle, la vita, la salute mentale, è allora che emerge la vera indole di una persona. Non c’è una terza possibilità. O vivi o muori. Per vincere bisogna combattere tanto, tutti i giorni, contro quella parte di noi che non vogliamo accettare perché ci spaventa. La immagino come un buco nero dentro cui stanno annidate le nostre paure, le emozioni più dolorose, i rancori, i rimpianti, i brutti ricordi, i sensi di colpa.
La maggior parte delle testimonianze che ho letto raccontano della diagnosi quasi come una liberazione: persone afflitte da anni da sintomi incomprensibili e sempre più invalidanti che finalmente hanno avuto una risposta, seppure angosciante. Io, no. Per me è stata una condanna e per giorni mi sono vista in cammino verso il patibolo: forse per questo la mia testimonianza potrà essere utile a chi pensava, come me, di perdere tutto.
Ho sguazzato nel buco nero per mesi. Mi sono immersa sotto metri di pece nuotando con sforzo immenso per cercare di riemergere. Quando riemergevo, la mia vita non c’era più, non c’era più il moi mondo e nemmeno io ero più io. Mi sentivo gettata in un mondo parallelo d dove chi mi amava era terrorizzato e sofferente per colpa mia e dove io, da sempre una donna forte nello spirito e nel corpo, ero fragile come un castello di vetro, strutturalmente imponente ma pronto a sbriciolarsi alla minima vibrazione. Tutto quello che avrebbe potuto essere non sarebbe più stato. Tutti i miei progetti di donna innamorata come una ragazzina, risucchiati da un buco nero, persi nell’antimateria. Non potevo accettare questa situazione e ho preferito immergermi di nuovo in un mare di sofferenza che però mi era familiare ed era molto rassicurante. Mi sono immersa così tanto da toccare il fondo e, non soddisfatta, ho raspato fino a sotterrarmi sotto metri di terra.
Un giorno ho detto: “ hai presente la scena del film Kill Bill in cui Uma Thurman viene sotterrata viva in una bara e deve uscire ? Ecco, io mi sento così e voglio farcela ad uscire perché sto finendo luce e ossigeno e, come lei, sono ferita”.
L’ho detto a Manola, la mia psicoterapeuta….