Che cos’è la malattia di Parkinson?

Nella malattia di Parkinson, determinate cellule all’interno del cervello cessano gradualmente di funzionare correttamente. 
Tali cellule sono responsabili della produzione di una sostanza chimica chiamata dopamina, che consente la comunicazione tra le cellule cerebrali che controllano il movimento e il coordinamento delle diverse parti del corpo. 
La perdita di dopamina determina un invio più lento dei messaggi provenienti dal cervello, che comunicano al corpo come e quando muoversi, tanto che i pazienti sono incapaci di iniziare un movimento e tenerlo poi normalmente sotto controllo. I sintomi della malattia di Parkinson correlati a questa incapacità di controllare i muscoli e i movimenti (i cosiddetti sintomi motori) sono svariati, ma la patologia è sostanzialmente caratterizzata da quattro categorie principali:

  • Tremore: tremito ritmico involontario quando il paziente è a riposo
  • Rigidità muscolare: rigidità o scarsa flessibilità di arti o articolazioni
  • Bradicinesia/acinesia: movimenti rallentati/assenza di movimento
  • Alterazione dell’equilibrio (instabilità posturale) e dell'andatura


Esordio di Parkinson prima dei 49 anni?

La malattia di Parkinson (MP) è il secondo disordine neurodegenerativo, in termini di frequenza, dopo la malattia di Alzheimer. Nei paesi industrializzati ha un’incidenza di circa 12/100.000 persone all’anno con una prevalenza, in America, di circa 2 milioni di persone affette. Il rischio di sviluppare MP aumenta con l’età e si stima che circa il 2% della popolazione sopra i 65 anni ne sia affetto. Questo suggerisce che un fattore biologico età dipendente, eventualmente in associazione all’esposizione cumulativa ad un fattore ambientale, siano tra gli agenti determinanti.

Si prevede che, a causa dell’aumento dell’aspettativa di vita atteso soprattutto in nazioni popolose attualmente in fase di tumultuoso sviluppo socio-economico (Cina, India, Brasile), la già elevata prevalenza del disturbo sia destinata ad aumentare drasticamente nei prossimi anni con un numero di soggetti affetti che possa essere raddoppiato nel 2030. In Italia si può calcolare che vi siano attualmente circa 300.000 pazienti con MP. La malattia è leggermente più frequente nel sesso maschile rispetto al femminile (60% vs 40%).

Sebbene, come abbiamo visto, la MP sia una malattia osservata soprattutto  oltre i 65 anni  di età (in circa il 70% dei casi), esiste una quota, in crescente aumento, di “Parkinson Giovanile”. Attualmente circa il 5% dei pazienti presenta un’insorgenza dei sintomi antecedente ai 40 anni anche se in particolari aree geografiche è possibile rilevare percentuali ancora più considerevoli (fino al 10% in Giappone). I parkinsonismi giovanili o, secondo la denominazione anglosassone, gli “Early-onset parkinsonism” (EOP) sono un gruppo di disordini del movimento assimilabili per molti aspetti alla MP idiopatica “late-onset” ma che si distinguono da questa, oltre che per l’età di insorgenza più precoce, anche per alcune differenze nell’espressione clinica nonché per la più frequente associazione con  mutazioni a trasmissione mendeliana.

Dall’analisi della letteratura emerge come, a loro volta, gli EOP siano differenziabili in: “Juvenile Parkinsonism”(JP) se presentano un esordio clinico antecedente i 21 anni di età; e “Young onset parkinson’s disease”(YOPD) se presentano un esordio clinico compreso tra i 21 e i 40 anni di età. Tale definizione non è condivisa da tutti gli autori essendo per taluni più opportuno includere tra gli EOP pazienti con esordio fino ai 49 anni di età. L’incidenza dei JP, stimata in alcune aree geografiche nordamericane ed europee è pari 0.8/100.000 all’anno, mentre quella degli YOPD è di 3/100.000 all’anno.

Tale divisione non è arbitraria essendo consistenti le differenze tra i due gruppi sul piano clinico, patologico e genetico: i JP sono rari, almeno nel mondo occidentale, frequentemente concentrati in gruppi familiari; le caratteristiche cliniche e patologiche sono spesso atipiche. Per contro l’YOPD ha meno comunemente una distribuzione familiare e, tanto sul piano fenotipico che su quello patologico, presenta più frequentemente analogie con i classici aspetti del “late-onset” MP incluso il dato cruciale di una generale buona risposta alla terapia dopaminergica.

Anche gli YOPD, però, presentano alcune differenze sul piano clinico rispetto alla “late onset” MP. Una delle più importanti è senz’altro la più lenta progressione della disabilità e dei disturbi di equilibrio. Sebbene vi siano delle considerevoli variabilità fra gli individui, generalmente è atteso che un soggetto con esordio più giovanile mantenga le proprie capacità lavorative, le proprie abilità statico dinamiche ed, in generale, le proprie autonomie quotidiane per un numero assoluto di anni superiore rispetto a quelle del “late onset”.

Inoltre gli YOPD hanno una minore probabilità rispetto ai late onset di riduzione precoce delle proprie performance cognitive e, pertanto, di sviluppare demenza. Il deterioramento cognitivo infatti anche negli YOPD insorge in età avanzata ed è quindi maggiore il tempo assoluto di integrità cognitiva rispetto ai late-onset.

Di contro, gli YOPD rispetto ai late-onset, hanno maggior prevalenza di distonie focali con crampi o posture anomale che talora possono anche essere sintomi di esordio.

Anche la risposta alla levodopa distingue i YOPD: I pazienti young onset sono infatti più sensibili ai benefici di tutti i farmaci antiparkinsoniani, ma di contro sperimentano le fluttuazioni motorie dose-relate (wearing off e fenomeni on-off) e l’aspetto discinetico tardivo della levodopa più precocemente rispetto ai pazienti late-onset. Per questo motivo molti specialisti ritardano il più possibile l’introduzione in terapia della levodopa nei pazienti con esordio giovanile, nei quali è preferibile iniziare il trattamento con un farmaco dopaminoagonista da proseguire in monoterapia fino a che la clinica lo consente.

E’ ormai noto che i pazienti con MP ad esordio precoce spesso riconoscono un base genetica. Sono detti Parkinsonismi monogenici e presentano una ereditarietà dominante o recessiva. Fra i dominanti il più frequente è LRRK2 (PARK8) codificante per la proteina DARDARINA. La mutazione Gly2019Ser nel gene LRRK2 costituisce ad oggi la più frequente causa genetica capace di determinare un fenotipo MP: è stata infatti riscontrata nel 30-40% della popolazione di pazienti (sia familiari che sporadici) del Nord Africa e del Medio Oriente. Ancora non è nota l’esatta frequenza delle mutazioni LRRK2 nelle differenti popolazioni, tuttavia i dati disponibili identificano questo gene quale responsabile di circa il 15% dei MP familiari autosomici dominanti.

Più rare fra le forme dominanti sono invece le forme SNCA (PARK 1), codificante per la proteina α-SINUCLEINA e le recentemente individuate (2011) VPS35 e EIF4G1.

Sono invece attualmente riconosciuti almeno tre geni responsabili di una forma di MP giovanile con ereditarietà autosomica recessiva: Parkina, PINK 1 e DJ-1. Tra questi il più frequente è Parkina (PARK2). Una sua mutazione in omozigosi o eterozigosi composta di è, infatti, stata osservata fino al 50% dei casi di MP familiari compatibili con ereditarietà autosomica recessiva ed esordio antecedente i 45 anni, e circa il 15% dei casi di MP sporadico con esordio anteriore ai 45 anni. La proteina parkina è inoltre risultata mutata anche in molti casi di MP ad esordio antecedente i 30 anni. In quest’ultimo sottogruppo rappresenta, pertanto, la mutazione patogena più frequente. Le  mutazioni di PINK 1 e DJ-1 sono invece meno diffuse essendo implicate rispettivamente nel 5% e nell’1-2% circa dei casi di MP ad esordio precoce.

In conclusione possiamo quindi affermare che, nonostante alcuni aspetti restino ancora da chiarire, la frequente associazione con geni mendeliani ed i report di un’eterogeneità patologica suggeriscono che YOPD rappresentino un’entità clinica differente dal late onset MP. Se questo fosse confermato dalle ulteriori ricerche in corso, le raccomandazioni per il trattamento, in particolare le “disease modifying therapies” che potrebbero essere disponibili in un prossimo futuro dovranno essere personalizzate in base all’età di insorgenza, oltre che al sottotipo di fenotipo parkinsoniano correlato.

Dott. Roberta Arca
Clinica Neurologica Università di Cagliari
Centro Parkinson Dipartimento Neuroscienze
AO Brotzu, Cagliari

Giovanni Cossu
Centro Parkinson Dipartimento Neuroscienze
AO Brotzu, Cagliari

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