La mia attività motoria: metodo Feldenkrais
Il mio approccio con questa esperienza motoria risale a circa 20 anni fa. Ho frequentato i corsi in gruppo per alcuni anni, poi ho lasciato il posto a mio marito che aveva problemi con la schiena. Ho ripreso alcuni anni fa, quando ho iniziato ad avere problemi ad una spalla e continuo tutt’ora i corsi in gruppo.
L’insegnante è una fisioterapista speciale: seria, onesta, preparata, continuamente aggiornata e sempre alla ricerca di nuove tecniche che sperimenta su di Lei e, se ottiene i risultati sperati, le insegna anche a noi per stare meglio.
Il Suo metodo di base è FELDENKRAIS, un metodo di apprendimento neuro-muscolo-scheletrico o meglio definito “conoscersi attraverso il movimento”, in gruppo o individuale.
Il lavoro si basa sul sentire i movimenti che sono inizialmente piccoli e lenti, per poter seguire all’interno come il corpo cerca le vie e le modalità più funzionali e vicine alle sue leggi. Una citazione di Moshè Feldenkrais: “RENDERE L’IMPOSSIBILE POSSIBILE, IL POSSIBILE FACILE, IL FACILE ELEGANTE (=PIACEVOLE)".
L’obiettivo delle lezioni è quello di facilitare l’apprendimento neuro-motorio attraverso schemi semplici che si fanno via via più complessi portando la persona a sperimentare un movimento della spalla per arrivare a rotolare o venire seduti con la stessa facilità. Oltre a Feldenkrais, sperimentiamo “ossa per la vita”che, seguendo le stesse direttive, si focalizza sulla “rigenerazione “ossea attraverso il ritmo, la pressione e l’allineamento scheletrico (allineamento non imposto dall’esterno ma come risultato di un processo interno). Sperimentiamo inoltre tecniche che hanno gli stessi obiettivi e modalità: il sentire quello che si sperimenta, la globalità e cura gentile per il corpo:
- Sonno profondo (respiro associato all’ascolto e a movimenti piccoli)
- Cranio sacrale
- Tecniche energetiche: Reflessologia plantare, Mudra mani, Do-in, Metodo Alexander, Metamorfosi con Anne Hubner (allineamento spirituale colonna), Meditazione (dal corso sulla lettura Aura con Anne Givaudan).
Queste sono alcune tecniche che ho sperimentato e che mi ricordo, poi ce ne sono altre ma mi fermo qui. Ho imparato ad esempio quest’anno a girarmi nel letto e ad alzarmi senza fatica, cosa che da un po’ di tempo a questa parte era un po’ faticoso.
Quando arriviamo a lezione, io e le altre compagne del gruppo siamo sempre un po’ stanche e curve ma dopo un’ora, di cui il primo quarto lo passiamo ad ascoltare la lezione che faremo, ce ne andiamo in forma e soprattutto dritte con la schiena!
Mio marito fa yoga e a volte mi chiede di imparare a farlo ma mi trovo talmente bene con queste tecniche e che mi stanno aiutando molto che non sento il bisogno di cambiare; anche avere l’insegnante giusta è importante e Lei oltre ad essere appassionata al suo lavoro, è anche disponibile ad ascoltare e aiutare le persone a valorizzarsi senza essere invadente (grazie, Marina).
Ho scelto questa foto che ho fatto la scorsa estate durante una camminata in montagna per collegarmi a quello che afferma Feldenkrais: rendere l’impossibile possibile, perché credevo impossibile per me camminare in montagna per ore e invece da qualche anno ogni estate vado e mi piace molto.
Carla
Parkinson e Nordic Walking... cammina al ritmo che c'è in te.
Amo camminare. Il parkinson mi ha rivelato brutalmente che questa abilità non è per nulla scontata, è però possibile non solo mantenerla ma anche affinarla al fine di continuare a camminare al meglio delle nostre possibilità il più a lungo possibile.
Concretizzo spiegando brevemente in cosa consiste il Nordic Walking (NW) e raccontando la mia esperienza come istruttore. NW è un'attività ludico-sportiva, che consiste nel camminare con l'ausilio di due bastoni. Il corretto utilizzo dei bastoni aiuta la persona a camminare bene, perchè induce a migliorare la posizione del corpo, ad attivare tutta la muscolatura, ad allungare il passo, a lavorare su coordinazione e attenzione; può quindi dar sollievo a svariati disturbi tipici del parkinson, perchè è efficace proprio sui sintomi cardine della malattia.
In qualità di attività fisica, all'aria aperta, di gruppo e divertente, il NW può avere effetto positivo non solo sui sintomi primari, ma anche su quelli non motori, che influiscono enormemente sulla qualità della vita.
Pur non essendo una terapia medica, il NW può rappresentare una delle attività in appoggio alla terapia farmacologica e riabilitativa. Il NW non è un'attività adatta a tutti, è adatta a tutti coloro che camminano; per una persona con il parkinson il percorso è accessibile, anche se non scontato, nei primi stadi della malattia, ma a livelli più avanzati va valutato con attenzione e discrezione assieme alla persona ed eventualmente assieme a chi la accompagna. Perchè vi sia beneficio e non danno è essenziale che la tecnica sia accurata, pur nel rispetto delle capacità personali, ed è essenziale ascoltare e capire la persona che abbiamo di fronte; non esiste una “Malattia di Parkinson”, ma esiste una persona, e questa persona ha il parkinson.
Credo che il NW possa rappresentare un efficace strumento per raggiungere i giovani malati di parkinson e aiutarli nel difficile percorso di accettazione e elaborazione della malattia.
Ho iniziato a praticare il NW nel 2009, da circa 3 anni avevo scoperto di avere il parkinson; stavo vivendo quel bel periodo in cui ci si rende conto che la vita continua malgrado la diagnosi e in cui ci si rimette in gioco con la voglia di vivere che è propria di chi ha appena vissuto un grave lutto, ma con il caos e la fragilità di chi non lo ha accettato e rielaborato. Imparare la tecnica è stato impegnativo e mantenerla richiede un allenamento costante, ma efficace e divertente.
Nel 2010, incoraggiata e sostenuta dal mio istruttore, ho fatto il corso per diventare istruttore della Scuola Italiana di NW. Conquistare il brevetto nonostante il parkinson ha rappresentato una bellissima sfida, che ho accolto con tutto il coraggio e la determinazione che mi servivano per affrontare ben altra sfida, a livello più profondo.
Fondamentale: non ero sola, avevo al mio fianco il mio istruttore che, preciso ed esigente, mi ha aiutato a raggiungere un livello tecnico adeguato, e soprattutto mi ha dato fiducia in me stessa, ce la potevo fare. L'esperienza e la competenza maturate in seguito nella mia attività come istruttore, la sensibilità dovuta al mio stato e l'appartenenza a un gruppo di NW speciale - l'asd Natura e Vita di Martellago (VE) - mi hanno permesso di controbilanciare i limiti imposti dal parkinson a livello tecnico.
Nel 2011 ho partecipato al Corso di Specializzazione su «Biomeccanica del Cammino e Rieducazione Posturale»; il corso ha rappresentato un'occasione di riflessione rispetto ad alcune problematiche che riscontro in me e negli altri parkinsoniani che praticano il NW. Ora, malgrado l'impegno la tecnica peggiora, il movimento si fa sempre più impegnativo, capitano i momenti di crisi. Stavo rinunciando, pensavo non funzionasse più; per dimostrare l'inutilità del NW nella mia vita ho provato a camminare a “passo Nordic”, ma senza bastoni. Non me l'aspettavo: schiena curva, passo corto, gamba destra legata, braccia immobili, fatica da morire e – soprattutto – umore a terra. Ho riformulato l'ipotesi. Funziona tutto questo nella mia vita, dopo 7 anni di Parkinson? Malgrado mantenere il livello ora sia faticoso, l'impegno preso mi costringe a non nascondermi, a tirar fuori la grinta per uscire di casa e confrontarmi con il mondo esterno e soprattutto ad accettare e valorizzare il mio attuale stato. Mi domando se sono pronta per fare il passo successivo, per raggiungere un nuovo obbiettivo ben più ambizioso: trovare il giusto ritmo, il mio.
Camminare è bello, è proprio nei momenti impegnativi che mi sembra un bene così prezioso.
Daniela
Taichi
Il mio primo vero approccio al tai chi risale ai tempi dell’ultimo anno delle scuole superiori, quindi si tratta di ben 20 anni fa! (poi fino a 3 anni fa c’è stata una pausa lunghissima…).
All’inizio l’approccio a questa disciplina non fu dei migliori, forse perché eravamo troppo giovani e inconsapevoli, ma le prime volte io e la mia amica scoppiavamo inevitabilmente e ridere per la lentezza dei movimenti… In realtà poi mi è subito tornato utile, perché devo ringraziare il tai chi se sono riuscita ad affrontare con serenità gli esami teorici della maturità.
Mi spiego meglio: sono una persona molto emotiva e ansiosa e avevo una paura enorme di non farcela a superare quella prova. Solo grazie a un po’ di pratica tai chi in un’aula vuota prima del mio turno all’orale, riuscii a tranquillizzarmi… Dopo tutti questi anni in cui non ho più praticato è stato grazie ad un volantino trovato da mio marito che ho ripreso questa disciplina chiamata “arte di lunga vita”. Volevamo fare un’attività insieme e dato che io avevo già la malattia da qualche anno e lui non è mai stato un grande sportivo, ecco trovato il giusto compromesso. Lui ha trovato giovamento per le sue ginocchia deboli, la sua schiena e i suoi muscoli addormentati e io (non mi sembrava vero) riuscivo a controllare il tremore durante i movimenti. Per me era già una grande vittoria, ma mi ha aiutata da subito anche nella coordinazione (che avevo quasi perso) e nell’equilibrio. Anche se si crede che non si fatichi per niente, in realtà si rafforzano le gambe e con il progredire dei corsi l’esercizio fisico diventa sempre più intensivo. Ci vuole concentrazione perché bisogna ricordare una serie di movimenti in sequenza, che poi danno origine alla “forma” e bisogna copiare il maestro.
In questo modo, come dice lui, si fa “pratica occhi”, cioè ci si allena a copiare lui messo a specchio, per cui quando lui va a destra bisogna andare a sinistra e credetemi non è una cosa così scontata per nessuno. Si tratta anche di acquisire grazia e fluidità nei movimenti, che all’inizio sono rigidi per tutti e poi grazie alla pratica e all’esperienza diventano sempre più sciolti e piacevoli. Infatti i movimenti sono dolci e armoniosi, molto lenti e questo migliora la postura, ha un effetto benefico sul sistema nervoso e sulla circolazione, le spalle si rilassano, i dolori al collo, alla schiena e alle articolazioni scompaiono e la mente acquisisce serenità, si eliminano le contratture e i blocchi energetici.
E’ una disciplina completa che riunisce in se’ 3 principali caratteristiche: movimento, meditazione e difesa personale (é un’antichissima arte marziale cinese, ma nei secoli è divenuta una raffinata forma di esercizio per la salute e il benessere psicofisico).
Io la consiglio vivamente, praticata sin dall’inizio dell’esordio della malattia, così può aiutare molto di più.