Mi chiamo Giorgia ho 25 anni e questa è la mia storia

Mi chiamo Giorgia e ho 25 anni.
Raccontare la mia storia su questo blog significa raccontarla anche a me stessa per dare ordine a pensieri, riflessioni e a tante emozioni contrastanti che affollano la mia mente da meno di un anno.

 

Scrivere sul Parkinson significa dire a me stessa: "Ho il Parkinson".

Inoltre, mi auguro che la mia storia aiuti il ragazzo, la ragazza, il giovane uomo o la giovane donna che, una volta ricevuta la diagnosi, giungeranno su questo sito, esattamente come ho fatto io meno di un anno fa.

La mia storia inizia nel lontano 2009, all'età di tredici anni. Ricordo bene che in un pomeriggio di giugno ero intenta a preparare gli esami di terza media e mi accorsi che la mia mano destra tremava; non mi era mai successo prima di allora e così corsi a riferirlo a mia madre. Lì per lì però entrambe ritenemmo che si trattasse di un po' d'ansia relativa agli esami che avrei sostenuto di lì a breve e così lasciammo perdere.
Il tremore però, anche in seguito agli esami, non ne volle sapere di cessare e così iniziò il mio peregrinare in cerca di risposte. Nei corso di ben 12 anni io e i miei genitori abbiamo consultato tantissimi neurologi che concordavano tutti nel dire che il mio, sebbene inusuale per la mia età, fosse un caso di tremore essenziale, ovvero quel tipo di tremore non associato ad alcuna malattia neurologica e che non avrebbe potuto peggiorare granché nel corso degli anni. Inoltre, tutte le risonanze magnetiche alle quali mi ero sottoposta nell'arco di quegli anni ebbero esiti favorevoli, senza mai nulla che facesse sospettare una situazione più seria del tremore essenziale.
È nel 2019, all'età di 23 anni che inizio ad avvertire delle sensazioni fisiche mai provate prima: fortissimo senso di sbandamento, netto peggioramento del tremore, totale mancanza di equilibrio, debolezza e stanchezza perenni tutto il giorno e spesso e volentieri, dopo aver camminato anche solo qualche metro avvertivo una certa rigidità alla gamba destra; delle volte, poi, mi capitava di soffrire di dolorosissimi crampi ai piedi (che solo dopo la diagnosi ho scoperto essere distonie). La mia camminata diventava sempre più faticosa e trascinavo letteralmente i piedi a terra.
Non avevo più il controllo di me stessa e del mio corpo e il fatto di non riuscire a capire cosa stesse accadendo ha inesorabilmente avuto ricadute sulla mia autostima perché ormai credevo di essere io il problema; mi sentivo sbagliata, imbranata, goffa. Ricordo quel periodo con molto dolore perché mi ha vista spettatrice della mia stessa vita. Nonostante tutto però, continuavo a uscire la sera come tutti i miei coetanei per non sentirmi diversa da loro ma puntualmente tornavo stremata e il più delle volte riaccompagnata a casa in braccio dal mio fidanzato; in diverse occasioni mi sono sentita a disagio perché il mio continuo barcollare mi faceva sembrare agli occhi altrui quasi ubriaca; altre volte passavo le serate appoggiata ad un muro con le braccia dietro la schiena nel disperato tentativo di nascondere il tremore sempre più evidente.
È stato in questo contesto di disagio fisico che mi sono ammalata di depressione. Non si contano i cestini che in quel periodo ho riempito di fazzoletti e i tentativi fatti per cercare di stare meglio ma che puntualmente fallivano.
E così, per quasi due anni, sono rimasta in balìa di me stessa e di questa situazione.
Fino al 31 agosto 2021.
Quel giorno io e i miei genitori partiamo alla volta di Verona per l'ennesima visita neurologica della mia vita.
E pensare che io non volevo nemmeno partire!
"Cosa potranno mai dirmi di nuovo? Tremore essenziale, come sempre, e si torna a casa."
Invece il 31 agosto, per la prima volta mi viene data una risposta.
Tutti i miei problemi avevano finalmente un minimo comune denominatore.
Il 31 agosto del 2021, a soli 24 anni, ricevo la diagnosi di Parkinson a esordio giovanile.
A settembre mi sottopongo a una scintigrafia cerebrale con DATSCAN e a ottobre arriva la conferma della diagnosi.

Ricevere una diagnosi del genere per me è stata una vera doccia fredda. È proprio vero quando si dice che in momenti del genere ti crolla il mondo addosso, la sensazione è proprio quella.
Quel giorno, la parola "Parkinson" arrivò dritta come un pugno nel mio stomaco e immediatamente mi lasciai andare ad un pianto disperato.
"Ma come? Parkinson? Ho solo 24 anni."
Dall'altro lato però finalmente una risposta, un filo rosso che ha unito tutti quei puntini disparati di dolore e solitudine.
"Allora non sono sbagliata, inutile, goffa", dico fra me e me. Ho il Parkinson.
Dolore e sollievo.
La diagnosi è stata ed è tuttora questo per me.

E ora? Come sto?
Giorno per giorno cerco di riprendere in mano la mia vita: voglio realizzare tutti i sogni che avevo messo da parte. Sto concludendo i miei amati studi universitari e pratico tanto sport quasi ogni giorno (yoga e lunghe camminate) con una costanza mai avuta prima: lo devo a me stessa e alla mia salute, ora più che mai. Al momento sto rispondendo bene alla terapia con levodopa e spero che continui così più a lungo possibile.
Fra i miei sogni più grandi c'è sicuramente quello di diventare mamma e di costruire una famiglia con il mio fidanzato.
Non è sempre facile e delle volte lo sconforto e la paura del futuro prendono il sopravvento ma per fortuna quest'anno e la malattia mi hanno insegnato una cosa su tutte: chiedere aiuto. Fortunatamente, sono circondata dall'amore incondizionato dei miei genitori, di mia sorella e del mio fidanzato e so che non c'è levodopa che tenga dinanzi alla forza del loro sostegno.
Nonostante io non abbia ancora accettato del tutto la mia condizione, cerco di capire in che modo questa possa trasformarsi in opportunità perché non voglio che sia solo fonte di dolore e sofferenze.
Vorrei tanto dare un senso e uno scopo a ciò che mi è successo, al mio Parkinson e alla mia giovane età: per questo, in futuro, mi auguro di essere d'aiuto per i ragazzi che come me si ritrovino a dover impattare con una diagnosi di questo genere. Mi è bastato meno di un anno per capire quanto poco si parli dei giovani che nel mezzo della realizzazione dei loro sogni e progetti fronteggiano la diagnosi di Parkinson e questo non fa altro che far sentire sempre più solo che vive questa condizione: è per questo che mi piacerebbe tanto raccontare e far conoscere il Parkinson giovanile, urlare al mondo intero: "abbiamo il Parkinson ma non siamo anziani ed esistiamo anche noi". 

Non so come e in quanto tempo la malattia evolverà ma adesso so che ogni attimo è prezioso. Ogni occasione è quella giusta per dire "ti voglio bene", per dare un abbraccio, per mettermi nei panni dell'altro. Un tramonto, un tuffo nell'acqua ancora fredda del mare di maggio, un momento di commozione: nonostante tutti i "nonostante", vivere è una cosa meravigliosa.

Giorgia

 

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