E’ ovvio, è del tutto naturale , come tutto il resto delle persone “normali” avere le classiche giornate negative, vuoi per fatti accaduti o situazioni pesanti che si sono venute a creare, ma tanto più quando il PK spinge e vuole ancora toglierti qualcosa..
GIORNATE NO
Poi immancabilmente,come tutti, esistono le giornate no, quelle semplicemente con la luna storta , a me sopraggiungono all’improvviso. Un attimo tutto è normale poi tutto ad un tratto niente è più come prima,non so se è dato dalla malattia o dalla mia sensibilità. Mi rabbuio, cerco il silenzio, la solitudine , come una volpe nella tana.
Spero in questi momenti che nessuno si accorga della mia mancanza, ho bisogno di solitudine di crogiolarmi nelle mie cose (musica scrittura), ma è impossibile sparire e passare indenne, ci sono loro uomini e donne meravigliosi , che fanno parte della mia vita e di cui non potrei fare senza, che si accorgono ed il più delle volte capiscono anche questo mio bisogno, ma giustamente debbono assicurarsi che io stia bene.
Sono momenti miei, quasi per raccogliermi, ed attraverso la solitudine pesante a volte, riesco a capirmi meglio tocco il mio fondo e poi rinasco come la fenice dalle mie ceneri, ritorno nuovamente propositiva e carica di vita nuova.
Quasi che la tristezza, sana, a me funzioni da filtro, si lascia indietro il negativo accumulato e lo trasforma in nuova linfa, in forza vitale e vado di nuovo avanti fino alla prossima crisi depurativa.
Poi, invece ci sono le giornate dure della malattia, quando la sento arrivare e so che mi vuole sottrarre ancora qualcosa, non le basta già tutto ciò che ha preso. Il nostro ormai è un ballo elegante. Non le faccio più la guerra, non mi spaventa più, non cerco di resisterle; negli anni ho capito che questo atteggiamento è deleterio avevo solo da perderci nello scontro diretto.
E’ ciò che lei si aspetta e ti frega, io faccio spazio mentale e rallento, la lascio entrare con tutta la sua violenza di dolori e disagi e resto inerme, ma concentrata su me ed il presente, una forma zen diciamo, mi alimento poco, bevo tanto e resto ad ascoltare il suo doloroso passaggio, non dura mai più di due o tre giorni.
A questo punto lei si è sfogata, ma non avendo trovato in me nessuna resistenza, non ha potuto attaccarmi e quasi con la coda tra le gambe è costretta ad andarsene ed il più delle volte senza lasciare ulteriori danni al mio fisico.
Non so se si può dire ma ho imparato a godermi questo passaggio senza darle più importanza e lei dopo due o tre giri di valzer si stufa e mi abbandona. Io a questo punto mi alzo doccia mi vesto e mi trucco e riparto da dove mi aveva fermata.
LA VITA
“Ora conosco il tuo nome“
intervista con Danila Piovano a RadioParkies
A tutte le persone che ogni giorno lottano,
anche se non sanno per o contro cosa
ma trovano comunque senso per andare avanti.