Rebecca si racconta

Dunque io mi sono ammalata ben 5 anni fa, cioè alla "veneranda" età di 34 anni (ancora da compiere, ma mancava meno di un mese!), anche se la diagnosi è arrivata dopo un anno circa.
Questo perché all'inizio si cercava un' altra causa possibile. Ma a me questo fatto (la diagnosi tardiva) non mi ha cambiato nulla, dato che ho iniziato a curarmi solo 3 mesi fa... (a parte una piccola parentesi di 3 mesi lo scorso anno, che non avendo portato risultati ho abbandonato subito). 

Ora entriamo nel dettaglio e torniamo indietro nel tempo, ossia a 4 anni fa quando mi hanno confermato la diagnosi... Il neurologo aveva già qualche sospetto sulla malattia avendomi fatto una visita accurata, ma per averne la certezza mi fece fare un esame chiamato PET con DAT SCAN. Quando gli portai il risultato io già sapevo la risposta, ma credetemi che quando ha pronunciato quella parola "parkinson" non so come ho fatto a trattenere le lacrime. Uscita dall'ambulatorio sono scoppiata a piangere e poi sono andata da quello che sarebbe diventato mio marito a dirgli quelle 3 parole: "ho il parkinson" e sono scoppiata nuovamente in un pianto a dirotto. Ancora adesso a scrivere queste cose e a rivivere quei momenti sono commossa.
Quando poi ho ripetuto la scena con mia madre e mia sorella, sono riuscita ancora una volta a piangere come una fontana e a tremare la mano come non mai prima. Mia madre e mia sorella hanno sempre sostenuto che i medici si sbagliavano, che non poteva essere dato che nella mia famiglia erano tutti sani e non c'era nessun malato di questo tipo neanche nei nonni. Da qui ho iniziato a fare visite a nastro, ho consultato una serie infinita di neurologi (ben 5!), e tutti hanno sempre confermato senza dubbio, a parte un dottore di Padova che diceva che si trattava solo di una sindrome extra-piramidale e non di parkinson affermato (anche se questo non voleva dire che in futuro la malattia non poteva svilupparsi...).
Da questo dottore ci sono andata solo per fare un piacere a mia madre, perché le era stato consigliato da un medico di base ed era secondo lui il migliore in campo.
In realtà per me è stata una grande delusione, è stato poco professionale (ha ricevuto ben 3 telefonate in 20 minuti di visita) ed è stata la prima causa di discussione accesa tra il mio futuro marito e mia madre.
Secondo mia madre avrei dovuto prendere le sue difese, invece io sono stata zitta e al di fuori perché ero completamente d'accordo con mio marito. Purtroppo questo dottore ha detto a mia madre quello che voleva sentirsi dire e cioè che non era (ancora) Parkinson e mia madre era al settimo cielo. Purtroppo il suo entusiasmo dovuto alla buona notizia si è scontrato con la dura realtà dei fatti che mio marito conosceva bene perché molto informato anche tramite internet.
Da allora con mia mamma è ancora una lotta, nel senso che nonostante sia andata in seguito da un altro neurologo (che poi doveva essere quello che mi avrebbe seguito con l'evolversi della malattia) con cui tra l'altro mi sono trovata molto bene e che reputavo competente, lei non si è mai arresa, neanche davanti l'evidenza ( il neurologo ha naturalmente confermato la malattia davanti a mia madre!). Per lei è stato un colpo al cuore sentire quelle parole (quello che lei non ha capito è che lo è stato ancora di più per me...) e anziché cercare di starmi vicino come avrei voluto io, accettando la malattia   (come ho fatto io da subito, passato lo shock iniziale) ha sempre sostenuto che io non credo di guarire e se non sono convinta di questo non guarirò mai. Questo argomento é stata la causa di lunghe ed estenuanti discussioni e litigi, perché non può certo essere lei a convincermi di questo se io non lo sono. Ma io a differenza sua sono molto realista e con i piedi per terra (fa parte del mio carattere) ed essendo molto informata sulla materia, so che al  momento e nei prossimi 5/10 anni non esiste ancora una cura miracolosa.
Quello che lei non capisce é che io sono consapevole che la scienza va avanti (per fortuna!), ma non mi posso convincere che guarirò per certo dato che attualmente e nell'immediato futuro non esiste una cura per fermare la progressione della malattia. Nonostante 30 anni passati assieme, mia madre non mi conosce così bene dato che sono sempre stata una ragazza chiusa e introversa, mentre lei é convinta di conoscere la mia mente e i miei pensieri. Ho provato a spiegarle come ragiono, ma dopo l'ennesima discussione le ho detto che non voglio mai più affrontare l'argomento, perché così facendo non fa altro che peggiorare il mio tremore e la mia tranquillità. Passata la tempesta é tornata poi alla carica insistendo affinché io andassi  a farmi visitare all'istituto Carlo Besta di Milano che secondo quanto suggerito da un  altro neurologo ancora era il migliore in Italia. E così l'ho accontentata anche questa volta e a giugno siamo andati assieme a lei e a mio marito al Besta. E' da lì che ho iniziato a curarmi (anche se la cura non discostava affatto da quella del mio neurologo che mia madre era venuta a conoscere...), ma non perché la cura fosse migliore o mi avesse convinta di più ma semplicemente perché era da neanche un mese che avevo appreso la brutta notizia: non potevo avere figli! Erano anni che provavamo, ma mai nessuno mi aveva consigliato gli esami giusti da fare e dopo aver fatto un piccolo intervento sperando di sistemare le cose, un'ennesima delusione, un colpo al cuore: non c'erano speranze, ne cure miracolose. Era per quel motivo che avevo tardato tanto a  curarmi, ma quando ho avuto la conferma mi sono decisa. Nonostante mia madre fosse presente al Besta dove mi hanno fatto fare un esame del DNA risultato poi negativo per quel tipo di gene, ancora oggi non si capacita che io abbia la malattia e si rifiuta di ascoltare se non quello che vuole lei... Questo mi crea ancora più stress perché non posso confidarle tutto altrimenti si preoccupa e dato che lei non accetta la malattia non posso parlarne liberamente.
In realtà io sono serena e felice e non mi posso certo lamentare della mia vita (ho anche  la fortuna di poter stare a casa dal lavoro per mia scelta personale).
Certo vorrei condividere tutto questo con le mie amiche e amici di coppia, ma loro purtroppo non sono al corrente di niente. Nonostante qualche tentativo da parte di un paio di amici di fare qualche domanda un po' di tempo fa, io non sono ancora riuscita a parlarne con loro.  
Speravo che mi facessero loro domande specifiche, soprattutto ora che la cosa é evidente a tutti, ma purtroppo non é stato così. Questo é per me oggetto di frustrazione perché non sono libera di comportarmi normalmente, ma tendo sempre a nascondere tutto. Stessa cosa succede con i familiari di mio marito, che sono ora le persone che frequento di più e quindi mi aspettavo facessero il primo passo. Tempo fa certe domande mi avrebbero sicuramente creato imbarazzo e disagio (ed é per questo che restavo sul vago), ma ora non aspetto altro per potermi liberare di un peso.
La malattia é stata anche motivo di rancore nei confronti di mio marito e io ne ho sofferto molto, senza che lui se ne accorgesse. Per fortuna dopo tanti silenzi e cose non dette ci siamo chiariti e ora stiamo molto meglio entrambi e so che lui mi affianca in ogni mia scelta. 

Rebecca

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