Mi chiamo Marinella e vivo anni. Voglio raccontarvi qualcosa di me. Il lavoro ha sempre avuto un ruolo importante nella mia vita, con la malattia lo è diventato ancora di più. Ogni giorno lo affronto con uno spirito tenace e a volte diventi un po' testarda quando mi trovo davanti ad un ostacolo. Il mio messaggio : Non mollare mai !
Mi guardo allo specchio vedo una donna prossima ai sessanta, conosco ogni ruga del mio viso e so cosa l’ha provocata.
Ho avuto una vita non facile ma sono riuscita a cambiarne il corso, è stato complicato e doloroso lasciare la mia casa, le mie cose, affrontare il giudizio delle persone.
Ho così ripreso in mano la mia vita ho viaggiato, imparato a ballare, avuto qualche avventura mi sentivo come una ragazzina.
Bello viaggiare vedere posti nuovi, culture diverse, bello farsi corteggiare ma il ballo è la cosa che più amo, poco importa se il lavoro è pesante, quando entro in una balera le gambe iniziano a muoversi da sole al ritmo della musica posso ballare per ore, in quei momenti dimentico tutto e mi sento felice.
Guardo lo specchio c’è un velo di tristezza sul mio volto, che sta succedendo???
Ho perso la voglia di ballare forse è solo un momento no, il lavoro è pesante, tante ore in piedi gli anni che passano….
Ricordo l’ultima volta, non riuscivo a tenere in tempo ballando quel valzer che tanto mi piace e poi c’è quel passo che non mi riesce più, sarà stanchezza.
Oggi nevica, amo camminare sotto la neve chiamo Pongo ed usciamo lui si rotola felice, bellissimo vedere la natura ricoperta da una coltre bianca mentre i fiocchi di neve ti cadono addosso.
La felicità di quel momento viene oscurata da una nuova sensazione, le mie gambe sono pesanti mi sembra di camminare contro vento, non mi è mai successo prima.
Al lavoro vengo richiamata dalla responsabile del negozio mi viene contestato il fatto che non svolgo più bene i miei compiti, le colleghe lamentano il fatto che sono diventata più lenta e questo va a pesare su di loro.
Non so cosa rispondere, mi sono resa conto che qualcosa è cambiato ma non ne comprendo le ragioni, mi viene prospettato il licenziamento se la cosa non si risolve, sono preoccupata come farò a vivere sola e senza uno stipendio? Spunta un’altra ruga.
Arriva la primavera fiori, colori la vita che si rinnova ma ho sempre voglia di piangere, provo una malinconia inconsolabile senza nessun motivo da qualche mese è nato un nipotino dovrei essere felice ma non è così, mi capita ogni tanto di avvertire la sensazione di un leggero tremore alle gambe, forse è meglio che ne parli con il medico.
I tempi di attesa per visite ed esami sono lunghi i sintomi peggiorano, alterno momenti di paura a momenti di relativa tranquillità, sul lavoro cerco di dare il massimo ma non basta, così ci sono altri richiami, cerco di non darlo a vedere ma sono preoccupata per il futuro, avverto che dentro di me stà accadendo qualcosa di grave.
Vivere con quell’incertezza mi fa stare male, vorrei una risposta subito qualunque essa sia.
La lista degli esami e dei medici consultati si allunga l’esito è sempre quello, tutto negativo, mi chiedo come sia possibile in pochi mesi sono peggiorata a tal punto di dovermi prendere un periodo di malattia.
Oggi sono qui nello studio dell’ennesimo medico, mi accompagna mio figlio c’è anche la sua compagna sono preoccupati per me, questa notte non ho dormito, spero di poter finalmente dare un nome a questa cosa che mi sta sconvolgendo la vita, ma ne ho anche paura.
Si apre la porta, è il mio turno, pochi passi e mi siedo davanti alla sua scrivania, mi guarda mi saluta, gli è bastato vedere come cammino, mi dice -signora lei ha il parkinson-.
Che ho provato in quel momento?? Difficile dirlo con le parole ansia, paura, preoccupazione, alla fine anche un po’ di sollievo, è sì una malattia grave, ad oggi non c’è possibilità di guarigione ma il decorso è lento e tante le terapie per poterci convivere.
Ho iniziato così le terapie, quasi subito mi sono accorta, con mio grande sollievo, di lievi miglioramenti nel camminare, ma ho dovuto fare i conti con gli effetti collaterali dei farmaci che sono abbastanza pesanti.
L’uomo, con cui pensavo di condividere un pezzo di vita, avuta la diagnosi, ha rivolto altrove le proprie attenzioni.
Mio figlio, sapendomi sola, telefona spesso per sapere come sto se ho bisogno di lui, rispondo sempre che tutto va bene anche se non è vero, ha la sua famiglia, il lavoro e poi ci sono quei maledetti duecento chilometri che ci separano, non avrei pace per il resto dei miei giorni se nel venire da me avesse un incidente.
In questa estate così difficile credo che al peggio non ci sia mai fine, piango spesso mi sento sola.
Trascorrono i giorni le terapie fanno il loro dovere, le nausee e i crolli di pressione sono scomparsi quasi del tutto, riprendo ad uscire qualche sera con le amiche, faccio lunghe passeggiate inizio a stare meglio.
Inizio a frequentare una palestra dove ci sono persone che hanno incontrato il sig. Park. prima di me, le osservo e penso a come sarà il mio futuro.
Forse sarò come Rina che dopo dieci anni guida ancora l’auto o come Maria da anni su di una sedia a rotelle, mi si stringe lo stomaco, stringo anche i denti devo mettercela tutta per combattere il sig. Park.
Il periodo di malattia sta per terminare sto decisamente meglio ma mi rendo conto che non sarò più in grado di svolgere il lavoro di prima, chiedo un incontro con il datore di lavoro per poter avere un cambio di mansione.
Lui si dimostra sensibile non solo me lo concede ma ho anche il trasferimento nella sede più vicina, mi sento sollevata ma anche preoccupata ho sessant'anni, il parkinson sarò in grado di svolgere un lavoro che non ho mai fatto?
Inizio il lavoro, ora non sono più al banco ad affettare salumi ma alla cassa di un supermercato, comprendo subito che ci sono giorni in cui fatico a concentrarmi, solo dopo poche ore mi sento stanchissima tutta colpa del sig. Park.
Ormai sono quasi due anni che lavoro e va decisamente meglio, anche se i problemi non mancano, sono più lenta rispetto alle altre, le mie dita faticano a maneggiare il denaro, il sig. Park. si è preso anche i movimenti fini delle mie mani.
Mentre lavoro mi capita di sentire i commenti di qualche cliente spazientito, vorrei in quel momento mettermi ad urlare, dire che non è colpa mia ma di questa malattia che si è impossessata di ogni centimetro del mio corpo e delle mie emozioni.
Non lo faccio, stringo i denti mi concentro sul lavoro….poi passa e va meglio.
Ci sono poi i commenti, i piccoli dispetti di alcune colleghe che hanno scambiato le mie agevolazioni per privilegi, avrei voglia di dire loro - volete i miei privilegi? prendetevi anche il sig. Park.- evito non ne vale la pena.
Un anno dopo la diagnosi ho incontrato Claudio, ricordo ancora quella sera, che davanti ad una pizza mi ha raccontato la sua vita vissuta decisamente fuori dalle righe e non senza eccessi che ora sta pagando con la propria salute
Dopo poco mi ha chiesto di vivere insieme e così si sono trasferiti a casa mia lui e Birba,il suo cane e mi hanno riempito la casa ed il cuore.
Ormai da quel giorno e trascorso un anno, ho così riscoperto la gioia delle piccole cose fatte insieme, il fare progetti che non so se mai si realizzeranno, dormire abbracciati, Birba mi distrugge casa non mi sento più sola.
Cammino, come ormai faccio quasi tutti i giorni, per la strada che si trova sull’argine del torrente che scorre vicino casa, mi piace questo posto immerso nel verde e nel silenzio, ti permette di pensare.
Mentre cammino a volte incontro persone che conosco che mi chiedono come sto, che rispondere? all’apparenza le cose vanno bene cammino spedita, ma come posso raccontare loro che il sig. Park.ha portato grossi cambiamenti nella mia vita, nelle mie emozioni e nei miei pensieri.
Non possono immaginare la fatica che mi costa fare le cose di tutti i giorni, ci sono mattine che nemmeno scendere dal letto, della difficoltà ad esprimere un mio pensiero, un’opinione,
le frasi i discorsi sono scritti lì nella mia mente in modo corretto, lineare ma quando li devo esporre a parole spesso non mi riesce, escono in modo confuso, a volte cerco di prepararmi prima ciò che voglio dire ma non sempre funziona.
Ci sono poi le notti insonni, il sig. Park. si è portato via anche il mio sonno, sono cambiata sono una persona più fragile, vulnerabile, faccio fatica a gestire lo stress.
Ci sono giorni in cui penso a com’ero prima a ciò che riuscivo a fare, ho paura del futuro in quei giorni vorrei morire.
Per fortuna questi pensieri passano, forse è l’istinto di sopravvivenza o forse dipende dal fatto che ho sempre creduto che la vita vada comunque vissuta, inizio così a fare progetti per avvicinarmi a mio figlio, ad una vacanza ad un viaggio… cerco di non preoccuparmi troppo del domani.
Leggo mi tengo informata sulle nuove terapie, negli ultimi anni sono usciti nuovi farmaci che aiutano molto, me lo dicono in tanti, loro però non sanno che questi farmaci hanno effetti collaterali pesanti, che possono creare comportamenti compulsivi e che quando faccio cose che mi piacciono mi chiedo se veramente le desidero, o sono un falso bisogno creato dai medicinali.
Questa sera sono tornata dal lavoro stanchissima, se non fosse per Claudio che mi ha preparato la cena, andrei a letto senza mangiare nulla.
Il lavoro ha sempre avuto un ruolo importante nella mia vita, con la malattia lo è diventato ancora di più, è stata una sfida, un modo per dimostrare a me ed agli altri che sono ancora in grado di lavorare, uno stimolo per non mollare.,
Il lavoro mi porta anche ad essere a contatto con un pubblico, mi accorgo che spesso le persone abbassano gli occhi per vedere come cammino, la cosa mi mette a disagio, in quei momenti vorrei essere invisibile, mi rendo conto che è stupido la malattia è una cosa che ti capita, non una colpa.
Dicono che Dio o il destino non ci diano mai un peso più grosso di quello che siamo in grado di sopportare, forse è vero, allora dovrei dire che avrei preferito essere una persona debole?
Non credo né in Dio né nel destino succede e basta…..
Oggi per caso ho rivisto una signora mia coetanea conosciuta tempo fa, si avvicina per salutarmi noto che cammina peggio di me, non so come affrontare il discorso, non vorrei ferirla, mi toglie lei dall’impaccio e mi dice - ho la sclerosi multipla come mia sorella, presto sarò su di una sedia a rotelle-.
Mi spiace moltissimo per lei , mentre io sono quasi sollevata dall’aver incontrato il sig. Park
Marinella Canepari